Dall’uva alla pigiatura alla mostarda un viaggio nella tradizione
Un viaggio nella tradizione quello che ogni anno compio con i mie figli, fatto di aria aperta fatica ed in fine uno squisito risultato.
Amo le nostre tradizioni “paesane”, specialmente quelle culinarie appartenenti al passato, “u busciareddu“, “a mustarda”, “a cuccia”. Trovo bello che i mie due piccoli imparino ad apprezzare questi sapori antichi.
Anche quest’anno insieme a Giuseppe e Filippo intrapreso questo viaggio nella tradizione preparato la mostarda, con gli ingredienti classici: mosto d’uva, amido, cenere di legno di tralci d’uva.
Per prima naturalmente siamo andati a raccogliere l’uva, poi grazie ad un vicino di casa,appassionato nella produzione di vino, abbiamo utilizzato la sua macchina per la
diraspatura, ovvero un attrezzo che separare gli acini dal raspo. In seguito, gli acini si sono fatti riposare in un catino per una notte.
Il giorno seguente con l’aiuto del nonno che possiede una pigiatrice , abbiamo iniziato la nostra pigiatura per tirare fuori dagli acini il mosto. Dalle foto è evidente la fatica 🙂
Finito il processo di pigiatura con molta fatica, inizia la preparazione della mostarda.
Per prima cosa si mescola dentro una pentola il mosto e la cenere preventivamente setacciata, operazione a cui a pensato egregiamente Filippo. Mescolato bene per evitare che si formino grumi e si porta la pentola sul fuoco.
Iniziando l’ebollizione si inizia a schiumare, operazione un pò pericolosa per eventuale scottature, quindi
effettuata da me.
Finita di schiumare si è lasciando raffreddare il tutto. Viene il momento del filtraggio, processo molto lungo e debbo dire noioso, bisogna filtrare il liquido ottenuto attraverso una stoffa di cotone (scorre lentissimo), che facilmente si ottura per via della cenere. Il filtraggio si effettua diverse volte, finché la stoffa di cotone non risulta pulita al passaggio del mostro bollito.
Si rimette di nuovo sul fuoco finché il mosto non prende una consistenza addensata, dopo di ciò si
versa negli stampini o nei piatti e si aggiungono sopra le mandorle tostate tritate.
Come ogni anno usciamo fuori gli stampi appartenuti al mio trisavolo, quindi per i miei figli quadrisavolo non so se si scrive cosi 🙂
E poi in conclusione si mangia 😀